Lune di Silvia Redente

Lune di Silvia Redente.

Nel 1960 Robert Whitman mette in scena una serie di happening tra i quali American Moon, subito seguiti da Mouth (1961), Flower e Water. Uomini e oggetti che si mescolano, tra tunnel, azioni e schermi, ma anche palloni, altalene e gallerie. Gi spazi irrompono nelle figure che si muovono come pubblico tra gli oggetti scenici e l’uomo di strada diventa un pezzo di mondo fittizio. Insieme a John Cage, Red Grooms e Michelangelo Pistoletto Whitman ha rivoluzionato l’idea di arte e di performance. Più degli altri, inserendo le riprese con la telecamera, ha bandito l’omertà della scena teatrale e della visione elitaria dell’artista. Se non si può errare tra tele, plastiche e pennelli, si può ancora rinsavire lentamente conservando il ricordo di chi ha saputo dare un senso all’arte senza dimenticare di condividerla.
Sono diciannove i pezzi che vorrei mostrare al pubblico di amici che verranno a salutarmi prima di ritornare alle loro vite, e ciascuno rappresenta un momento della mia ricerca nell’arte visiva. Unioni è olio e tempera su cartoncino telato (50×70). I colori si mostrano nelle circolarità che ho cercato pure nella natura più lontana, quella dell’astronomia. Prendo spunto dall’astrattismo e dalla forma disambiguante della semplice linea curva che si divide a metà, diagonalmente, tagliando tela e quadro a metà. Territori post-mortem è una tempera su carta (50×70) che ho disegnato per fermare insieme al tramonto il verde intenso della mia vista dalla finestra di casa, mentre gli alberi sono il ricordo di un riflesso sul lago di una vacanza estiva. Ho ripreso nella Prova di bianco (tempera su cartoncino con carta, 30×40) lo stesso tema, ma pensando a un’alba tra i monti che ho visto nella mia infanzia, in un viaggio. Il cielo è quello che ho cercato di riprodurre pensando di dover ritornare sui monti che mi hanno tanto colpito da bambina. Cambio totalmente rotta in Prospettiva (tempera su tela, 25×35), in cui riprendo in mano riga e squadrette da disegno, ma dimentico di usarle fino in fondo e ridò al colore lo spazio che merita. L’Estate in montagna (tempera e olio su cartoncino con carta, 25×35) è un ritorno all’immagine come impressione, ma tento di dimenticare il luogo in cui sono, lo rimetto nelle mani dell’osservatore e di un me-dietro-la-tela. Primo spazio (tempera, colla e materiali vari su cartoncino con carta, 50×70) diventa una recensione formale del tempo che passa anche senza orologio, ma che può essere modificato dalla mano della natura, dalla matita e dalla trasparenza delle forme. Senza viaggio (tempera, olio e das su cartoncino telato, 25×35) è la mia rinuncia alla ricerca fuori campo. Rose a metà è un tempera e olio su cartoncino telato (25×35) che ho pensato come regalo a mia madre per un compleanno. Ricordi, Alberi e Mano (tempera e olio su cartoncino telato, 50×70) è il trittico della mia fase più matura, fino ad oggi, di ricerca. Verde e rosa (olio su tela, 50×70) è una sorta di omaggio all’abbandono del pennello che però costringe il colore ad assorbire i risparmi di spazio sulla tela. Strappo è un tempera e olio su cartoncino con carta che non ha un formato standard e che difficilmente espongo. Ritorno alla natura per ridare senso alle dimensioni dell’occhio umano in Montagne (tempera e olio su cartoncino telato, 25×35) che non mi sembra di aver mai disegnato con le mie mani. Can è una prova di Renoir con matita acquerellata su carta. Blu (olio su tela, 30×40) è ancora in fase di lavorazione. Qui cerco di riprendere in mano i colori freddi e brillanti, e di costringerli a mostrarsi da sé, con le forme allungate e divergenti della natura. Con Astrattismi (matita acquerellata su tela, 50×70) ritrovo gli spazi immaginari di Giacomo Balla e di Umberto Boccioni e li cerco ancora. Sangue umano (tempera e materiali su cartoncino con carta, 25×35) è il mio dissenso alla clonazione. L’albero (olio su cartoncino con carta, 25×35) è un mio autoritratto infantile.
In lavorazione ci sono richiami alla natura e all’astratto che cerco di far congiungere alle sensazioni che la forma elementare di percezione di oggetti mi ha regalato nel tempo. Lascio così la scoperta delle costrizioni formali agli altri, mentre vedo trasparenza, rivelazione e umiltà nelle opere di chi mi precede. Ringrazio i lettori e i miei amici, vivi e morti, perché vorrei essere il colore, ma non lo sono.

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