Archivio per virtuale

Digito ergo non sum

Posted in Uncategorized with tags on gennaio 2, 2010 by silviared

Le comunità virtuali come polis umane intrecciano il mondo del lavoro e si delineano vere e proprie piattaforme di rilancio delle pratiche sociali. È una pedagogia delle comunità digitali che inondano finalmente la rete, dopo anni di silenzio da parte della politica. Si trovano due forze contrastanti: da un lato il desiderio, soprattutto dei giovani, di dire tutto, ma proprio tutto quello che pensano, dagli appuntamenti alle idee sui fatti. Dall’altro il braccio armato della censura che inizia a demolire le prime trincee dei manifestanti digitali.
Ormai non si tratta di collegarsi alla rete soltanto per trascorrere ore di svago con i giochi di ruolo o le chattate tra amici. Il sostituto del telefono tradizionale è un mezzo di informazione e di creazione di relazioni nuove tra enti, imprese e aziende di ogni settore. Dal primario nelle sue nuove forme, di quello delle piccole imprese agricole del sud d’Italie, fino alle fabbriche di materie prime e ai servizi alle imprese, è tutto reperibile in pochi istanti di acutezza e ingegno applicati ai motori di ricerca tra i quali google è il più utilizzato. Prima dell’informazione vera e propria, quella mirata alla comunicazione di per sé, come un angelo custode che si rivolge al suo passato, il web si è trasformato in una guida per i più poveri e per i giovani studenti e non occupati.
L’ecosistema che riflette le possibilità del realismo onirico dei giochi diventa una forza divergente dalle coalizioni che fanno degli estremismi religiosi e politici dei mezzi impropri di strumentazione del pensiero dei giovani che navigano. La stampa ha poetizzato la nozione di informatività e ha reso vicina la sua funzione attraverso la democratizzazione della diffusione. Un servizio ancora parziale, quello di alcuni giornali che in un periodo della giornata lavorativa mettono a disposizione dei lettori alcune o tutte le pagine dei prorpi giornali, è un sintomo della schiettezza di alcuni gruppi. Tuttavia è ancora parziale la diffusione delle porte di ogni dimensione delle informazioni. Due mezzi principali hanno permesso di diffondere in maniera aperta e efficiente le comunità e il lavoro che ne pervade alcune: lo streaming e i libri elettronici. In questi due modi di diffusione e di creazione delle informazioni la parola da diretta e povera di riflessività delle radio e delle televisioni tradizionali si trasforma grazie alle possibilità di riascolto e di registrazione rapide e economiche a sostituzione del vecchio vhs e dei nastri magnetici. L’anacronismo è quindi una fonte di guadagno delle poche postazioni autonome che alcune comunità digitali sparse in Italia hanno permesso di diffondere.
I contenuti liberi di alcune reti, per esempio delle università e di alcune botteghe dell’informazione come le web radio stanno attraversando un periodo di contrasti: la medi(a)-cina della solitudine e delle povertà di chi non può permettersi la carta stampata sta subendo le diaspore e le censure della politica e dell’indicizzazione. A puntare il dito sulle prime forme di manifestazione sintomatiche della geografia di un popolo che non può sopportare neanche lo scendere in piazza sono proprio gli organi di gestione dei sistemi informatici. Sopprimere l’espressione, il diritto ai diversi punti di vista sta dando adito a formazioni di partito là dove la partitocrazia dovrebbe essere al servizio della libertà d’informazione.
L’esilio tra le pareti di casa o di un ufficio è la costrizione a una monotematicità delle idee. A discapito della socialità, oltre a dimenticare che a essere censurati dovrebbero essere i siti che istigano alla violenza e al razzismo, si sostiene una falsità che come tale è contro la democrazia. Quella che avrebbe potuto essere una società dell’espressione diventa un ennesimo luogo di paure e di insicurezza per i primi nuovi utenti.
Silvia Redente