Archivio per dicembre, 2009

Primi spazi

Posted in Uncategorized on dicembre 14, 2009 by silviared

Cossart. L’arte svela il suo vero volto Diverse Sedi Cassano allo Ionio (CS) – Pressrelease

Posted in mostra collettiva on dicembre 10, 2009 by silviared

Cossart. L’arte svela il suo vero volto Diverse Sedi Cassano allo Ionio (CS) – Pressrelease.

Le stagioni dell’arte

Posted in Uncategorized with tags , , , on dicembre 4, 2009 by silviared

La territorialità dell’arte, i luoghi in cui si possono fruire le opere, le persone che possono fare avvicinare il pubblico agli artisti e gli artisti al diritto al lavoro sono soltanto alcuni tra i temi che si sono auspicati di portare alla luce i firmatari dell’appello di ottobre alla Presidenza della Repubblica. Una richiesta al Presidente Giorgio Napolitano per sottolineare la necessità di aprire un dibattito in merito alle politiche culturali in un paese come l’Italia che ha bisogno, più di altri, di pensare la cultura come strumento di democrazia, come patrimonio collettivo, in particolare per le nuove generazioni. A firmare sono stati i cittadini, gli esponenti attivi nel campo artistico e gli studenti. La risposta è stata quella di un impegno a realizzare le richieste di centinaia di artisti e giovani che vorrebbero vedere riconosciuto il diritto a lavorare per la cultura. Il dibattito che vorrebbe essere aperto è quello che riguarda il modo di far risplendere l’arte in un’Italia da sempre considerata il fiore all’occhiello dell’Europa per l’arte e la crescita culturale democratica.

Nei siti web che impazzano in questi ultimi anni si presentano opere come se fossero quelle l’oggetto della fruibilità. Per quali motivi un apprezzato artista contemporaneo è costretto a rinunciare alla sua presenza sulla scena per affidarsi alla virtualità? Dove risiede oggi l’etica della comunicazione artistica, mentre la lettera amorfa della rete condanna ai rapporti con autori automi, molto più automatici e androidi che artisti nella loro complessità? Un sito che parli di arte figurativa, della classica e ormai soppressa pittura a mano libera, che voglia privilegiare il lavoro assiduo di un formatore di figure che hanno una tattilità, un corpo solido e inimitabile, un’aura, cosa può dare allo spettatore rispetto a ciò che una tela può offrire in una galleria alla presenza dell’artista? La retorica della fede nella mostra impressionistica con i cavalletti sporchi di oli e densi di un odore a volte nauseante non minaccia la galleria on-line che si fregia della sua presenza liminare.

Al di sotto della fragilità liberata dalle note della presa di posizione tradizionalista risiede una situazione duplice che riequilibria la caducità della forza empatica del quadro visto dallo spettatore. Senza un visionario che osservi la sedimentazione della fibra vicina al suo sguardo l’opera non può darsi. La lingua del silenzio non ha spazi comunicativi e la poetica della figura è un dialogo continuo e incessante con la distrazione che dalla parola dell’artista arrivi alla parola dello spettatore. Due forme di chiarezza, quella della forma dell’opera e quella dell’interpretazione del pubblico che vi dà senso, sono alla base della lingua della pittura. Come molti critici tra cui Maurice Blanchot e Emilio Garroni hanno sottolineato, non esiste un’interpretazione al di fuori del linguaggio stesso della forma matura dell’opera che si presenti nuda agli occhi della mente umana. Nessuno è al di fuori della complessità sostanziale della figurabilità del senso poetico, neanche se a essere messo in discussione è un oggetto tridimensionale. L’icona sterile non è quella della tela colorata, ma è il segno privato della sua plurivocità, quindi simile a quella fotografia non palpabile che scorre davanti agli occhi mentre il mouse dissolve l’immagine della memoria.

Il movimento onrico dell’opera figurativa, del sogno senza rapporto con il teatro della vita nella veglia, fino al ricongiungimento con la decostruzione dell’immaginazione trova in quella circolarità una formazione che ha tante dimensioni quante sono le persone che rendono significativa la ricezione. Lo spazio che andrebbe aperto sarebbe quello reale di luoghi dedicati a chi vorrebbe poter vivere per l’arte come forma culturale: potrebbe rendere il nostro paese luogo di scambio e di apertura all’attenzione vigile e istruttiva dell’arte.

Silvia Redente

La libertà del risveglio in Beatrice

Posted in Uncategorized with tags , , on dicembre 4, 2009 by silviared

Regia di Costantino Sammarra e Elisa Ianni Palarchio

Durata: 6.5 min.

Ambientazione: Palazzo Ricci di Rota Greca (CS) 

Lenzuola bianche, pizzo ricamato sulla pelle bianca della donna. Vede la strada che va dal letto alla porta di un palazzo antico e abbandonato, al quale bussare ripetutamente, senza risposta. Come un sogno ricorrente di un alzarsi miracoloso dal letto più volte e cercare in porte sempre più vecchie qualcosa soltanto sporgendosi un po’ e sbirciando per guardare fuori. È lei che bussa alla porta della casa, come si fa quando si aspetta la persona desiderata. A cercare è la stessa donna dantesca, “la gloriosa donna della mia mente, la quale fu chiamata da molti Beatrice”.

Il primo momento di sogno e di sonno del film è accompagnato dalla lettura a voce alta della Divina Commedia, dai passi che hanno seguito i lettori di Dante fino ai momenti di silenzio che nel cortometraggio sono coperti dalla voce che ripete: “poi rientro sputando in terra, diffido da qualsiasi imitazione: mi perdo”. Un viatico di alternanza tra luce e buio, tra il candore della ripetizione di un gesto inquisitivo, come quello del rispondere al bussare e la sensazione che emerge dalla corsa della donna di una fuga da sé, dal riposo in solitudine. Il ritmo della colonna sonora assorbe la semplicità della trama e la rende intrigante. È un vero e proprio racconto che sostituisce il percorso dantesco: una porta che non si chiude, uno sgabello rosso di quelli da pianoforti riposto davanti alla cucina, una candela che si spegne al passaggio della donna. Il pizzo sopra il braccio, in un ultimo zoom sul particolare prima dell’ultimo risveglio. L’incuria e l’insicurezza del luogo fisico non sospendono la corsa nella speranza di trovare qualcosa nella luce che attraversi la soglia e che riporti all’interno delle stesse mura. Una sospensione dell’essere in movimento che si riformula come un’essenzialità che supporta i piedi e le gambe. Il poggiare le dita dei piedi prima a mezza punta e poi il piede intero fa sembrare che il percorso sia diretto verso un rafforzamento. La fisicità è forte al pari della speranza nell’eternità della frammentazione in passi veloci che di ogni stanza fanno uno scenario di spazi e di tempi riuniti dall’indifferenziazione della girovaga.

L’illusione della ricerca e la riabilitazione della figura umana si diffondono nella spigolosità delle inquadrature, di qualcuno che anticipa la corsa, un narratore che sa già dove potrebbe essere il vento dello spostamento-scissione dalla staticità e dalla polvere della materia inorganica alla forma viva del corpo umano. Esso è tanto più forte quanto riassorbe il passato nel farsi sinolo, unione indissolubile di volontà e di riaffermazione della dimora interiore. Al di fuori delle sensazioni non c’è palazzo che rassicuri o che  protegga. Il video ufficiale della canzone Beatrice con la regia di Costantino Sammarra e Elisa Ianni Palarchio è risultato vincitore del Murgia Film Festival nel 2007. Oggi si presenta agli occhi dei webnauti su youtube con i due tag Beatrice e Conteugolino, il nome del gruppo che ha dato vita alla canzone.

Silvia Redente